Il metaprogettoL’intero percorso è influenzato da come io ho sempre “vissuto” la Rete, ispirato da un concetto che è tanto semplice quanto impressionante nella sua evidenza (troppo spesso dimenticata, talvolta volutamente). L’idea che definisce gli elementi fondamentali del progetto e ne ha fornito le basi per la realizzazione fin dagli albori, prima ancora che assumesse la forma attuale, accoglie appieno quanto ebbe a dire uno dei Padri della Rete…
Viviamo un’era che ci offre una tecnologia sempre più potente e pervasiva quale Internet, in continua evoluzione verso obiettivi che difficilmente riusciamo ad immaginare, ed ancor meno a focalizzare. Eppure, dotati di uno strumento così rilevante da racchiudere ogni grado di conoscenza e comunicazione, tendiamo forse a dimenticare che si tratta comunque di uno strumento nelle nostre mani giacché è l’uomo che lo realizza e lo governa, e come ogni strumento va conosciuto per essere usato bene, dunque è fondamentale una corretta e specifica formazione. Trattandosi, poi, di uno strumento dalle enormi potenzialità e completamente compenetrato nella moderna realtà umana, ecco che tale formazione non deve limitarsi a mere “istruzioni d’uso”, bensì appoggiarsi (e affiancarsi) ad un’offerta educativa votata alla trasmissione dei principi etici e morali che la nostra società sembra voler ignorare, malauguratamente. Parlando di formazione, non voglio qui enunciare le innumerevoli e pregnanti motivazioni che la rendono indispensabile, ne’ i fondamentali risultati di un costante e continuo aggiornamento – tecnologico e sociale – di qualsiasi componente della nostra società, a qualsiasi livello egli interagisca con gli altri ed in qualsiasi ambito egli si trovi ad operare. Non solo non è questa la sede opportuna, ma correrei il (grave) rischio di ripetere argomentazioni troppe volte ascoltate, il più delle volte sinceramente condivise (anche se spesso l’attività conseguente si limita all’intenzione); probabilmente le mie parole potrebbero essere interpretate come una dissertazione fondata sulla percezione di innegabili necessità, fino a poter sembrare esito di troppo facile demagogia. Qui mi limiterò ad esporre i soli cardini dell’impianto (in)formativo che sono alla base delle mie proposte. Non serve a nulla demonizzare la tecnologia, addossando al progresso tecnologico le colpe di ogni attività umana i cui risultati siano improduttivi, negativi o addirittura illeciti. Un atteggiamento responsabile e democratico ci impone di offrire la massima libertà (anzi: la totale libertà) a condizione di rispettare le regole civili e non ledere la libertà altrui. Sappiamo bene che tale approccio – giusto, corretto, etico ed oggi assolutamente imprescrivibile – offre spazio anche a chi ne fa cattivo uso. Per far fronte ad ogni attività negativa, o potenzialmente tale, i Padri insegnano (e l’esperienza conferma) che esistono infiniti approcci, tuttavia riconducibili a due sole linee di pensiero: imporre oppure educare. Se “imporre” (vietando oppure costringendo) può sembrare più semplice e più rapido, i risultati nel tempo sono inconsistenti quando non opposti alle attese: il giusto desiderio di autonomia critica può tramutarsi – se costretto – in una frenetica ricerca di quanto vietato (oppure nel totale rifiuto di quanto imposto), fino a raggiungere comportamenti irragionevoli, talvolta compulsivi, al limite illegali. Ascoltando Voltaire, « Bisogna aver rinunciato al buon senso per non convenire che non conosciamo nulla se non attraverso l’esperienza ». Certamente l’esperienza diretta è l’arma migliore, talvolta l’unica, per arrivare alla conoscenza. Quindi non possiamo ne’ vogliamo evitare – o far evitare ad altri – un’attività perché è potenzialmente pericolosa, cioè reca in sé anche i germi di un risvolto malevolo (ma quale attività umana ne è immune?). “Educare”, nel senso più letterale del termine, “conduce fuori”, libera qualcosa che è nascosto. Non si tratta di pura istruzione, con la quale si forniscono all’individuo le tecniche e le pratiche di una disciplina: si tratta di favorire la comprensione autonoma da parte dei discenti, instaurando con loro un dialogo esplorativo e stimolando la loro creatività nell’apprendimento. Riassumendo: imporre è inutile quando non controproducente; non possiamo ne’ vogliamo evitare l’esperienza come mezzo di conoscenza; educare non è solo rivelare la tecnica del fare, quanto orientare verso un’indipendente cognizione. Non ci sono altre possibilità: una corretta educazione offre il migliore strumento di cui l’uomo libero può disporre per sviluppare l’autonomia critica posta alla base di ogni sua scelta, e questo strumento altro non è che la consapevolezza, consapevolezza di saper fare, ma prima ancora consapevolezza delle proprie capacità di imparare a fare. Questa consapevolezza matura solo con l’esperienza. Ma può essere originata, poi sostenuta e indirizzata, infine fortificata, da una formazione attenta e continua, tesa all’abolizione delle barriere che ostacolano un sereno rapporto con la materia di studio o di apprendimento. Nessuna paura, solo entusiasmo. E l’entusiasmo nasce solo dalla competenza.
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